This review may contain spoilers
SOLO SE CHIEDESSI DI VEDERMI
Questo drama è a mani basse il più complesso, emotivo e ben fatto che ho visto quest’anno. si, per me batte pure Circle.Vincitore ai 55 ° Golden Bell Awards nelle categorie “ Miglior Serie Televisiva”, “Miglior Attrice Protagonista”, “Miglior Sceneggiatura per una Serie Tv” e “Miglior Programma Innovativo” dopo averlo visto, non posso che essere d’accordo.
1) La storia
Someday presenta una trama complessa, articolata e emotivamente coinvolgente. Impossibile non sentirsi presi dalle vicende dei personaggi, dalla loro storia o emozioni. Caposaldo del drama è l’amore, cosa significhi essere in una relazione, ma c’è spazio per l’importanza della famiglia, l’accettazione di sè, il bullismo, l’omofobia, la giovinezza, i primi amori, il rimpianto e la capacità di lasciare andare il passato che si racchiude nella classica frase “ chiusa una porta si apre un portone.”
Ci sono momenti strazianti, divertenti ed inquietanti in un mix perfetto che gioca con lo spettatore portandolo a volerne sempre di più.
Certo, data la complessità è un drama da vedere rigorosamente con il cervello impostato su ON. e con il foglio e la penna sotto mano
2) La scrittura e sceneggiatura
Non importa che tu abbia una bella storia tra le mani se non la sai raccontare. Un applauso dunque lo devo fare agli sceneggiatori - gli stessi di Attention, Love e si vede sia per la lunghezza degli episodi , un’ora e 11 minuti a botta, sia per la massima cura che hanno usato nel tratteggiare psicologicamente i personaggi - al regista e a tutti quelli che ci hanno lavorato: il salto nel tempo non è mai un argomento facile e Someday lo porta sullo schermo in un ottica che non avevo mai visto ma che ho trovato molto intrigante e innovativa.
Someday è come un puzzle dove gli sceneggiatori ti danno tot tessere senza dirti dove vanno e piano piano che le inserisci, il disegno si completa. Ma è impossibile capirci qualcosa e aver chiara la situazione fino a più di metà serie.
Il drama è pieno di colpi di scena e situazioni impreviste ed imprevedibili: tramite il sapiente uso dei flashback la trama è in continua evoluzione.
3) il cast
Solitamente mi concentro sempre sugli attori ma questa volta il premio lo devo necessariamente dare a Alice Ko per sua capacità di recitare due ruoli diversissimi tra loro, facendomi davvero pensare che fossero interpretate da attrici diverse. Straordinaria.
Come bravissimi sono stati anche gli altri: Greg Hsu - che è diventato la mia nuova fissa del momento - riesce, come la sua collega, a tirare fuori dei personaggi così adorabili e teneri che è impossibile non amarlo a prescindere.
Nota di merito per Yan Yu Lin, chiamato a interpretare il Capoclasse in un ruolo difficile ma che è riuscito a compiere pienamente.
4) i personaggi
Assolutamente credibili e umani. Le loro reazioni sono realistiche con le loro caratterizzazioni e con cosa stanno vivendo: la paura, il dolore, l’egoismo, l’amore, il desiderio..tutte le emozioni che vivono passano attraverso l’ottima recitazione, creando dei personaggi realistici e veri.
Chen Yun Ru ad esempio - che ad un certo punto della storia avrei tanto voluto prendere a bastonate nei denti - che è forse il personaggio più complesso e tratteggiato più psicologicamente degli altri, ha delle reazioni, dei pensieri e delle azioni che pur se io non le ho accettate, sono comprensibili per come è stato scritto il suo personaggio.
5) La simbologia
Someday non ti dice le cose...te le fa capire e poi sei tu a dover ricollegare i puntini. Questo sistema viene usato anche tramite simboli e questo drama ne ha tantissimi: dai numeri, agli oggetti, per finire con i dialoghi.
Ciò significa che il drama non tratta lo spettatore come un idiota ma si aspetta che tu comprenda determinati sentimenti ed eventi solo da un immagine. giusto perchè il tuo cervello ha lavorato poco per seguire la trama
è una soluzione un pò complessa ma che aggiunge profondità e spessore ad una storia già di partenza intrigante.
Concludendo: Someday riesce a risollevare la mia incerta opinione sui drama taiwanesi con una storia innovativa, impegnativa e profonda, sia da un punto di vista strutturale sia da un punto di vista narrativo. Trama intensa e piena di momenti anche drammatici e tristi ma che non manca di leggerezza e risate, con scene romantiche e zuccherose che risollevano l’umore. Ottimo il cast e anche le OST.
VOTO: 9
DA QUI NOTE SPARSE CON SPOILER
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Il dramma non è stato il viaggio nel tempo, ma il capire che fosse tutto un loop temporale. Questo ultimo passaggio mi ha cambiato notevolmente il punto di vista di tutta la storia e ha mandato a scatafascio tutte le teorie che mi ero fatta. Onestamente l’ho trovata una cosa geniale...complessa, ma geniale. La complessità sta tutta nel capire l’esatta timeline di Li Zi Wei e comprendere che le tre sue versioni che si vedono sono tutte la stessa persona: Wang Quan-Sheng fidanzato di Huang Yu Xuan non esiste e il Wang Quan Sheng zoppo e con gli occhiali - il modello più affascinante - è sempre Li Zi Wei adulto. Per me questo è stato un BOOM enorme e che tuttavia, a messo apposto diverse domande che erano rimaste in sospeso.
Una delle tematiche che viene affrontata successivamente nella storia è quella del destino. Anche se inizialmente la fatalità sembra ricondurre la lead al 1999 e a Chen Yun Ru, in realtà mi è sembrato che tutto convergesse su Li Zi Wei e Huang Yu Xuan. Sono loro i destinati a stare insieme ma anche allo stesso tempo non possono stare assieme. La scena dove Li Zi Wei zoppo - per distinguerlo tra le altre sue versioni sennò è un disastro - confessa alla sua amata che loro non possono stare insieme perchè appartenenti a due diverse linee temporali nonostante tu spettatore sai che questi due sono anime gemelle, è straziante.
Ma è proprio il destino uno dei protagonisti della serie: se è vero che la lead2019 e il lead1999 non possono stare insieme, è anche vero che sul finale c’è speranza che si trovino nel futuro. Se sono destinati ad essere fidanzati, allora c’è speranza che accadrà. Non è dunque un caso la scelta delle scene finali: Li Zi Wei1999 che accompagna in moto una piccola Huang Yu Xuan. Poetico. Potrei dire che sarebbe stato bellissimo che la serie finisse con loro due e una nidiata di figli nel 2030...ma non sarebbe stato in linea con la profondità, complessità e tutti i messaggi che la serie aveva dato fino a quel momento.
Ultima nota riguarda Chen Yun Ru - da me chiamata “la depressa” - il suo disagio e l’intromissione della lead nella sua vita. Dunque...apparte che questa ragazza è la Figlia del Male ( dire a Li Zi Wei che Huang Yu Xuan non è mai esistita e spezzargli il cuore...maledetta!!!!! ) onestamente non c’erano motivi per cui questa dovesse essere depressa. Rimane così chiusa in se stessa e con tutte queste aspettative rivolte agli altri, che non si accorge che in realtà la sua vita è normalissima. La sua famiglia la ama, suo fratello la protegge, a due amici e uno che le viene dietro. Va bene a scuola... l’intromissione della lead le permette di fargli vedere tutto questo e anzichè farne tesoro e impegnarsi...si vuole ammazzare. Anzi no.... vuole essere ammazzata perchè se si suicida poi la gente pensa male. Nella serie la lead si colpevolizza perchè pensa che per colpa sua la depressa si voglia suicidare, ma in realtà questa aveva preso accordi con la Morte già da prima dell’arrivo della lead. Tuttavia, anche se il suo comportamento l’ho trovato detestabile, allo stesso tempo è realistico e credibile per una diciasettenne. Quel momento dove “ il mondo è orribile” “ nessuno mi vuole bene”, “ sono sbagliata io perchè nessuno vuole conoscermi” ecc ecc...
Was this review helpful to you?
This review may contain spoilers
OH GUARDA SONO APPENA DIVENTATO PAPà!
Il drama è stato molto carino. Ok io sono un pò di parte perchè Yamada Yuki - che qui interpreta Kyohei - è uno dei miei attori preferiti e “forse” sono poco obbiettiva.La serie ha solo 10 episodi da 20 minuti circa l’uno, e scorre che è una meraviglia: perfetto da vedersi la sera prima di andare a letto se si è in cerca di qualcosa di leggero, divertente ma con significati profondi.
Ci sono scene che fanno morire dalle risate, altre che ti inteneriscono... altre che ti fanno infuriare ed altre dove sei dispiaciuto per cosa sta accadendo su schermo. Lo spettatore partecipa attivamente all’evoluzione dei ragazzi e all’impatto che il bambino ha nelle loro vite.
La storia infatti o meglio il bambino arrivato dal nulla è un modo perchè i tre personaggi esprimano la propria personalità o la loro infanzia e, apparte Takeru che mi ha annoiato, gli altri due sono stati ben caratterizzati e alla fine sono risultati adorabili.
Per farti capire che la trama non è il punto focale - i personaggi lo sono - ogni puntata a delle mini interviste meno di un minuto dove i characters parlano degli avvenimenti che sono successi e cosa hanno provato oppure delle loro sensazioni per un determinato avvenimento. è una cosa carina per farti conoscere ancora di più il personaggi. La serie parla di amore, maturità, senso di responsabilità ma anche di perdono e accettazione: essere genitori è difficoltoso e credo che questa serie rappresenti bene le gioie ed i dolori che derivano dall’essere papà/mamma.
Anche se non ho pianto, Sannin No Papa è riuscito con pochi episodi ad intenerirmi, trasmettermi il suo messaggio e farmi empatizzare con tutti i personaggi.
Buone le musiche e anche la recitazione è stata convincente, con alcune interpretazioni un pò esagerate ma che ormai reputo tipiche nelle opere giapponesi.
Voto: 7.8
SPOILER A STECCA
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Nonostante abbia voluto vedere questo drama per Yamada Yuki, alla fine ho dato il mio cuore allo stilista tutto panna e fragole Hajime: lui è quello più in difficoltà dall’arrivo del bambino poichè pensa di non essere capace di amare.
Il padre che lo picchiava ha instaurato in lui un trauma così grande che non è nemmeno capace di prendere in braccio l’ipotetico figlio. Solo il terrore che Haruto - nome del baby - si sia fatto male, spinge il ragazzo ad abbracciare il neonato, iniziando così una relazione affettiva adorabile.
Vederli disegnare insieme è una gioia per gli occhi.
Kyohei invece è quello più organizzato con il bambino. Cresciuto in una famiglia agiata e amorevole, riesce a mantenere il sangue freddo ed ad espletare alle esigenze di Haruto molto velocemente.
Purtroppo è anche un gran traditore che mente alla sua promessa sposa sull’ipotetico figlio, venendo scaricato una volta scoperto. Pensando che i soldi e la promozione sia la cosa più importante della sua vita, l’arrivo di Haruto e la perdita della fidanzata lo costringono a rivisitare i suoi principi per essere un uomo e un ipotetico padre migliore.
Durante la serie si assiste alla sua evoluzione e senso di responsabilità riuscendo a riconquistare anche la fidanzata.
è lui ad insistere per i test del DNA: con il suo trasferimento a Los Angeles intende portare Haruto con lui nel caso fosse il padre. Ed è sempre lui a tirare fuori la tematica della serie: va bene per un bambino avere 3 papà e nessuna mamma? basta l’affetto e l’amore di tre persone?
Takuto - che è il primo ad accettare Haruto e a volersene occupare - risponde che ormai loro tre e il bambino hanno creato una famiglia, anche senza legami di sangue.
Ma in realtà i tre ragazzi riflettono a lungo sulla questione quando ritorna in scena la madre di Haruto intenzionata a portarsi via il bambino: dopo un anno PERCHè PER QUESTA TIZIA “UN Pò DI TEMPO” VUOLE DIRE UN ANNO il bambino non riconosce più sua madre e viene così affrontato il tema della maternità. Forse è meglio lasciare il bambino ai ragazzi che se ne sono occupati così bene visto che come madre non sono brava?
Ed infine c’è Takuto che come personaggio è quello che mi è piaciuto di meno. Mi è sembrato tantissimo lo stereotipo del ragazzo goffo ma di buon cuore, onesto e sempre sorridente che ho trovato in altri settordici drama e che alla lunga mi annoiano.
Infine due parole sul finale: ero davvero curiosa di sapere come sarebbero usciti dall’ impasse, ossia se tenersi il bambino, ridarlo alla madre, fare il test, portare Haruto a Los Angeles... e devo ammettere che mi ha piacevolmente colpita essendo forse la cosa migliore che potessero fare.
Mi è inoltre piaciuto come Haruto alla fine sia cresciuto come un mixer tra i suoi tre papà e come i tre ragazzi che NON VOLEVANO occuparsi di questo bambino alla fine hanno fatto il diavolo a quattro per lui. #adorabili
Was this review helpful to you?
This review may contain spoilers
Il nostro lavoro è una missioneAvevo questo drama in lista da una vita.
Complice le ottime recensioni ed i commenti entusiastici che ho letto in giro ero entusiasta di potermelo finalmente vedere e posso dire che è stato una buona e piacevole visione.
Parlando per sommi capi…mi è piaciuto molto.
Solitamente a metà serie comincia a calarmi il “ ma a che puntata siamo?” “ quanto manca alla fine?” il che implica non la noia, ma una percezione di quanto visto:
del tipo…sono alla 14 puntata ma in realtà mi sembra di essere alla 5.
Questo è quello che mi è successo mentre vedevo Descendants of the Sun ( DOTS per gli amic)i e credo che ciò sia accaduto per due motivi:
il primo è che ho trovato un ottimo equilibrio dentro le puntate.
Dal dramma alla commedia per passare a momenti d’azione e/o scene introspettive. Tutto ben calibrato e che mi hanno portato a diverse emozioni durante la visione di una singola puntata. Questo a fatto si che non mi annoiassi quasi mai.
la seconda cosa è il mix tra la trama orizzontale e verticale
Apparte le varie storie d’amore e le evoluzioni o crescite dei personaggi - che sono la trama orizzontale - tutto il resto si può considerare come una trama verticale:
gli eventi si susseguono, diversi per episodi: accoltellamenti, terremoti, operazioni chirurgiche, rapimenti. In ogni episodio accadevano una di queste cose e questo, mi ha ricordato una sit-com.
Ma questo utilizzo è stato utile per conoscere e ampliare i vari personaggi, anche quelli considerati minori.
Non c’è stato un approfondimento - che poteva risultare pesante - per tutti ma, a grandi linee, la serie ha saputo delineare i vari characters, seppur minori.
Mi sono sentita empatica verso il Dottor Lee Chi-hoon, giovane medico che pensava di andare ad Urk in villeggiatura e poi si è ritrovato a causa delle millemila disgrazie ad essere costretto a divenire davvero un dottore.
E questo mi è piaciuto tanto.
Un altro punto importante e che ho adorato, sono i tantissimi spunti di riflessione che la serie ha tirato in ballo in OGNI episodio. Alcuni purtroppo ripetuti, ma in linea di massima, tutti molto interessanti.
A farla da padrone è comunque il lavoro dei protagonisti ed è proprio su questo tema ciò su cui la serie si concentra: il mestiere del dottore e quello del soldato.
Due incarichi che superficialmente sembrano agli opposti: uno salva le persone e l’altra le ammazza.
Ma la realtà è molto più complessa di così e DOTS scrive un approfondimento bellissimo su queste due professioni:
La crisi del dottor Lee Chi-hoon, il giuramento di Ippocrate della Dottoressa Kang, le difficoltà e la concentrazione necessaria per operare e salvare delle vite di fronte a grandi tragedie. L’impegno delle forze armate e la consapevolezza che la loro è una missione che sottrae alla morte gli altri.
Ed è stato inevitabile per me, mentre vedevo i dottori all’opera nella serie, rivolgere un pensiero alla nostra attualità ed un ringraziamento a tutti gli operatori che in questi giorni combattono una durissima battaglia.
Per dirla con le parole della Dottoressa Kang: Il virus è il campo di battaglia dei medici.
DOTS è una serie che fa riflettere su certe tematiche.
C’è anche da dire che se da una parte il “lavoro” come protagonista sia interessante, dall’altra è stato anche limitante: chi sono i 4 protagonisti fuori dai loro impieghi?
L’ultima cosa che mi è piaciuta riguarda il rapporto tra Big Boss e Wolf. Una bromance carinissima che mi ha portato un sacco di sorrisi e tanto divertimento. Ad un certo punto mi hanno ricordato tantissimo Bud Spencer e Terence Hill: uno scanzonato e attaccabrighe, l’altro più serio e composto ma sempre disposto a seguire l’amico e perciò faceva anche più ridere.
Buono anche il cast con un + a Song Joog Ki perchè la sua interpretazione di Big Boss mi ha alleggerito tantissimo la visione.
Mi ha soddisfatto anche la crescita ed evoluzione - per alcuni plateale - dei vari personaggi, prima tra tutti la Dottoressa Kang: da medico per soldi a dottore per vocazione.
Ma ci sono anche cose che non mi hanno proprio convinto, primo fra tutti le varie coppie.
Non frantendetemi…sono carine, mi hanno fatto divertire ed emozionare a tratti. In linea generale sono state piacevoli da guardare.
Ma non ho mai sentito un grande impatto emotivo. Non ho mai percepito quella ship devastante che tiri fuori quando shippi i due tipi e “ se non si mettono insieme entro i prossimi 10 secondi, entro nella serie e gli do fuoco”.
Forse questo è avvenuto perchè non ho mai rilevato un vero pericolo nelle loro storie d’amore: il veto del padre di Yoon Myeong-joo alla storia della figlia con Seo mi è parso forzato ed i due protagonisti hanno girato attorno alla stessa questione per 16 episodi: sei un soldato ergo puoi morire ergo non sono sicura di voler stare con te.
Che per carità..ci sta. Ma ogni tot tornava fuori questo discorso e ad una certa mi ha pure annoiata.
Pericolo poi che non esiste in termini, perchè non c’è un villain che dall’inizio della serie ostacola i piani dei protagonisti: l’unico era Agus e me lo hanno seccato a metà stagione. Addio Agus…T_T
(ma forse meglio così perchè era caratterizzato con l’accetta)
In conclusione comunque DOTS è un drama che consiglio altamente: ha un buon mixer, ottime tematiche - seppur alcune ripetute - e piacevoli storie d’amore. Nonchè un Song Joog Ki adorabile che quando sorride si rischiara anche il sole in quel posto orribile e sfigato che è Urk
Voto: 8
Was this review helpful to you?